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Posted by on Nov 9, 2016 in Blog | 0 comments

Facebook è morto? Sta morendo? E i siti web come stanno?

Facebook è morto? Sta morendo? E i siti web come stanno?

 

Negli ultimi tempi ho letto e sentito in giro dei siti web che stanno finendo il loro ciclo di vita per essere sostituiti dai social network e, per gli ecommerce, dai marketplace.

Poiché parte del mio lavoro è studiare strategie digitali orientate alla vendita di prodotti o servizi e visto che lavoro su e con internet da 20 anni (argh!), alcuni fenomeni li ho già vissuti in prima persona e in base alla mia – comunque limitata – esperienza ho provato a definire meglio il mio pensiero. In questo articolo parlo dei social network, anzi di quello che molti considerano il social per eccellenza: Facebook.

 

Facebook è destinato a finire. E noi non siamo pronti ad accettarlo.

 

Sembra strano da dire, considerando che ad oggi Facebook conta oltre un miliardo di utenti che accedono giornalmente, di cui 21 milioni sono italiani. Ma ricordiamoci che tutti, prima di morire, sono ancora vivi: Jacques de La Palice docet. Anzi, un detto napoletano ci ricorda che

‘A furmica primma ‘e murì mette ‘e scelle

(la formica prima di morire mette le ali)

Per qualsiasi cosa la parabola discendente inizia subito dopo il momento di maggior splendore.

Chi ha basato interamente la sua strategia di mercato sulla presenza sul re dei social network, rischia seriamente di bruciarsi.

Un esempio che (come Livenet News Network) conosciamo bene è quello del mondo dell’editoria, che in un periodo di forte crisi del prodotto cartaceo ha delegato l’azienda di Menlo Park alla diffusione dei propri contenuti e, quindi, delle proprie pubblicità.

Quando lo stesso Facebook ha deciso, comunicandolo con una nota lo scorso giugno, di modificare l’algoritmo del suo news feed per tornare “alle origini” (più amici che pagine), ha di fatto obbligato tutte le testate a “pagare” la propria visibilità. Finché il cliente ha la forza per contrattare direttamente, l’accordo tra inserzionisti può essere anche trovato. Ma quando così non accade, le piccole testate online si sono ritrovate ad annaspare. Click-baiting e altri mezzucci non sono bastati a non far scomparire tante piccole realtà nel baratro della mancata visibilità.
Sul tema “Editoria Digitale” come Livecode abbiamo anche tenuto in corso in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti della Campania, proprio per raccontare come si può fare giornalismo online serio e rispettoso degli utenti.

Il caso delle webzine è lampante e non a caso ci ricorda che Facebook non nasce come una vetrina pubblicitaria – ma lo è diventata successivamente.

Come dicevo prima, però, Facebook ha un ciclo di vita che lo condannerà non a sparire ma quantomeno a perdere gran parte dell’appeal di cui gode adesso tra la popolazione del web nel giro di una manciata di anni.

Alcuni segnali da questo punto di vista sono evidenti. Partendo da un dato chiaro che in molti a volte fingono di non vedere: Facebook non ha inventato il social network. Il grande merito della squadra di Zuckerberg è stato quello di fornire un nuovo modo di fruizione del social: più semplice e intuitivo (grazie alla pratica interfaccia che è stata più volte modificata nel tempo e alle connessioni dirette tra utenti); ha sdoganato il profilo pubblico in un mondo che ancora tutelava la propria privacy con gli alias, i nickname e gli pseudonimi; ha fornito un nuovo modo di pubblicare e comunicare i propri pensieri e di condividere la propria vita.

Prima di Facebook esistevano altri strumenti web ritenuti ugualmente immortali: i blog di Live, MSN e altri programmi di instant messaging (qualcuno ha detto C6?) che i più “vecchietti” ricordano con affetto e che restano ora come ricordo polveroso.

Un social network che usavo spesso, ad esempio, era MSN: si potevano condividere foto con gli amici, scrivere brevi articoli, commentare quelli degli altri e vedere cosa era stato pubblicato dal proprio giro di conoscenze. L’interfaccia però era lenta, gli smartphone erano agli albori e quindi l’avvento di Facebook ha fatto sì che Microsoft, proprietaria della piattaforma, decidesse di abbandonarla.

Nuovi modi di comunicare sono già all’orizzonte, con i giovani che si tengono in contatto con Snapchat, il proliferare di gruppi Whatsapp per ogni tipologia di utilizzo, fino alla comunicazione visiva con Instagram (e non è un caso che Facebook, all’apice della sua curva di vita, abbia deciso di acquistare Instagram e Whatsapp, e abbia lavorato al potenziamento del suo Messenger facendolo diventare un prodotto a sé). E non è un caso nemmeno che Instagram abbia “facebookizzato” la sua timeline per adattarla a uno schema risultato vincente in questi anni fidelizzando l’utente ai suoi reali interessi. Un’operazione che ha dovuto mettere in campo anche Twitter – nonostante l’opinione negativa della gran parte della sua community – in quanto paradigma ormai acquisito.

I segnali della fine della Facebook-mania sono nelle vostre dita, quando scorrete noiosamente dallo smartphone il vostro feed e a stento notate la sponsorizzata di un’azienda che non vi riporta subito visivamente ai vostri contatti.

Sia chiaro, con questo non dico che il Social Media Marketing su Facebook sia finito. Anzi, ora più che mai l’efficacia del mezzo è al suo apice. Investire – investire belle cifre, intendo – può portare ancora ottimi risultati, soprattutto quando a guidare il vostro investimento è un professionista del settore che permette di ottimizzare il budget a disposizione.

Ma è importante non commettere l’errore di non guardare avanti proprio ora. Essere pronti a cogliere il cambiamento, tenendo quindi un occhio all’Ad Manager di Facebook e l’altro su come si sta spostando la comunicazione, come si spostano i trend su internet. Quale sarà il prossimo Facebook.

L’errore – già visto commettere da molti – è quello di delegare tutto il proprio marketing al social, dando a un terzo il potere di dettare le regole e stabilire univocamente i criteri di visibilità. In questo articolo sto parlando di Facebook, ma se penso al turismo mi vengono in mente TripAdvisor come social e Booking come markeplace. Cambia lo strumento, ma la musica è molto simile.

Mi sembra di scorgere delle similitudini con parabola discendente di eBay, che da leader indiscusso del mercato delle vendite online ha visto un esodo di massa verso altri strumenti.

Anche in questo caso, avere un sito che presenti la propria azienda, con le nostre regole, ha convinto molti venditori a non sottostare alle percentuali esose che, tra eBay e PayPal, arrivavano a commissioni vicine al 25 percento, trasformando eBay da piattaforma di vendita a piattaforma promozionale in cui si fa la prima vendita e poi si prova a portare il cliente a casa.

E voi, cosa ne pensate? Qual è il vostro punto di vista sull’utilizzo di Facebook per la promozione delle attività commerciali? Mi farebbe piacere ricevere dei commenti e dei punti di vista diversi.

In un prossimo articolo proverò ad affrontare la morte annunciata dei siti web, secondo il mio punto di vista.

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